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Se un figlio non vuole stare con un genitore
Per un minore, la separazione dei genitori in molti casi un evento che lascia segni profondi. Quando tra padre e madre c’è un rapporto conflittuale o se l’affidamento esclusivo permette a un genitore di vedere solo saltuariamente i bambini, possono insorgere situazioni complesse come il rifiuto del figlio di vedere uno dei genitori. Vediamo quanto prevede il diritto e il ruolo di giudice, psicologo e assistenti sociali, offrendo anche qualche consiglio per affrontare questa particolare fase della vita.
La separazione dei genitori: una situazione complessa
Quando si arriva a una separazione o a un divorzio, in una famiglia non cambia solo il rapporto tra i coniugi. La crisi dei genitori investe in modo inevitabile anche i figli.
La separazione è sempre un momento delicato in cui i bambini possono trovarsi coinvolti emotivamente e psicologicamente.
La percezione dell’evento da parte del minore può essere influenzata da vari fattori, tra cui la qualità del rapporto con il genitore, la gestione della separazione, le modalità di affidamento stabilite dal giudice.
Il rifiuto genitoriale
Talvolta il figlio o la figlia sviluppano un rifiuto nei confronti di uno dei genitori. Il rifiuto genitoriale può essere causato da vari fattori, tra cui trascorsi difficili tra padre o madre e minore, trauma emotivo della separazione o anche manipolazione psicologica da parte di uno dei genitori.
In molti casi il rifiuto avviene quando l’ambiente familiare diventa un susseguirsi di liti e tensioni oppure quando il minore nutre risentimento nei confronti di un genitore per la rottura del nucleo familiare.
I bambini di pochi anni, inoltre, in genere vengono affidati alla mamma e, anche quando l’affidamento è condiviso, il padre, genitore non collocatario, viene percepito come un estraneo. Con il tempo questo sviluppa la figura del “padre assente”.
I figli più grandi, ad esempio negli anni dell’adolescenza, non di rado rifiutano un genitore perché stanchi dei continui spostamenti a cui sono obbligati per passare del tempo sia con il papà che con la mamma. Nel corso degli anni, i problemi in famiglia possono anche sfociare in crisi di ansia e altre difficoltà.
Affidamento esclusivo o condiviso dei figli minori
Uno degli aspetti cruciali da considerare durante la separazione di una coppia è l’affidamento dei bambini.
L’affidamento può essere esclusivo quando la patria potestà sul figlio o figlia (oggi chiamata responsabilità genitoriale) viene attribuita a solo uno dei genitori.
L’alternativa è l’affidamento condiviso del minore, quando entrambi i genitori partecipano attivamente alla sua educazione, protezione e mantenimento nella vita quotidiana.
Nella maggior parte dei casi, il giudice o il tribunale optano per l’affidamento condiviso.
La legge italiana, infatti, segue il principio della bi-genitorialità, che sancisce il diritto del minore di mantenere un rapporto stabile sia con il padre che con la madre, anche in caso di separazione.
Si ritiene infatti che coltivare relazioni continuative tra genitori e figli può contribuire alla sua crescita personale e psicologica.
L’affidamento esclusivo viene intrapreso solo nel caso in cui un genitore si dimostri del tutto inadeguato a educare e mantenere il minore. Ad esempio se con il suo stile di vita può mettere a repentaglio i figli o se si disinteressa completamente di loro, rifiutando di provvedere al loro mantenimento. Si tratta in genere di una eccezione attuata solo in casi gravi, che il tribunale deve sempre accertare e motivare.
Il diritto e dovere di visita del genitore
Sia in caso di affidamento condiviso che di affidamento esclusivo, ogni genitore ha il diritto e il dovere di mantenere un rapporto continuativo e significativo con il proprio figlio.
Il diritto di visita, infatti, in genere non decade nemmeno in caso di affido esclusivo a un genitore, se non limitato o escluso dal tribunale.
In questo contesto, il genitore non collocatario ha anche il diritto di passare del tempo con il bambino durante le vacanze, rendendo meno saltuaria la propria presenza.
Caso tipico: un bambino o un figlio più grande non vuole più recarsi agli incontri con il padre, anche se lo prevede la decisione del giudice. Il padre incolpa la madre di ostacolare il suo diritto di visita. Il dolo della madre è difficilmente dimostrabile. Le liti che ne derivano portano a un intervento del giudice tutelare, che nel rispetto dei provvedimenti del tribunale sulla separazione, cerca di risolvere i conflitti, avvalendosi di consulenti come psicologo e assistenti sociali.
Il ruolo del giudice
Nell’ambito di una separazione, il giudice riveste un ruolo importante e difficile.
Il suo compito principale è stabilire un nuovo assetto per la famiglia in crisi, sempre con l’obiettivo di tutelare i figli minori.
Spetta al giudice, infatti, determinare il tipo di affidamento, il collocamento presso la madre o il padre e a chi di essi viene assegnata la casa familiare.
Il giudice sancisce anche il calendario di visita del genitore non collocatario e quanto mantenimento occorre versare per affrontare tutte le spese dei figli minorenni non autosufficienti e del coniuge più debole.
Nel caso del minore che oppone rifiuto alla visita, ad esempio con il padre, il giudice può invitare la madre a facilitare l’incontro o la riconciliazione, in modo da far rispettare il diritto di visita del padre.
È sempre il giudice che, in caso di incapacità dei coniugi di trovare un accordo, richiede l’intervento di altre figure, come psicologo e servizi sociali.
Quando un bambino non vuole vedere il padre o la madre
Una volta che il giudice ha delineato la sua proposta o definito regole rigide per i genitori, non è detto che la conflittualità genitoriale si plachi o che ogni problema venga risolto.
Quanto questa situazione di sconquasso incida sui figli minori dipende ovviamente dai casi e dall’accettazione o meno delle condizioni imposte dal tribunale.
Nel caso in cui un figlio non voglia vedere il papà o la mamma, la prima soluzione intrapresa è cercare di trovare soluzioni per far superare il rifiuto.
Ma se il rifiuto è categorico, il genitore non collocatario non può costringere il figlio a frequentarlo.
Nemmeno il tribunale può obbligare i figli alla visita, sempre perché l’interesse e il benessere dei minori ha la priorità. La Cassazione è molto chiara su questo punto: i rapporti affettivi sono incoercibili, non si possono imporre.
Il rapporto con lo psicologo e i servizi sociali
Nella sentenza 20107/2016, la Corte di Cassazione suggerisce un ravvicinamento graduale, in collaborazione con uno psicologo infantile incaricato di normalizzare il rapporto genitore-figlio.
Lo psicologo supporta il bambino e la famiglia durante la separazione attraverso incontri con cui aiuta i minori a elaborare le loro emozioni e a comprendere meglio la nuova situazione familiare, facilitando anche l’ascolto e il confronto tra i genitori.
In caso di controversie, il genitore non collocatario può anche richiedere al tribunale di disporre l’intervento dei servizi sociali per tentare d recuperare il rapporto affettivo.
Psicologo e assistenti sociali svolgono infatti un ruolo composito: ascolto delle istanze di genitori e figli, mediazione delle problematiche e stesura di relazioni tecniche che permettono al giudice competente di avere un quadro più chiaro e oggettivo della situazione.
Occorre sottolineare che in molti casi gli incontri con psicologi e assistenti sociali determinano nei figli una situazione di ulteriore insofferenza, che se non ascoltata potrebbe addirittura peggiorare il rapporto con i genitori.
Figli maggiorenni che non vogliono vedere un genitore
Quando un figlio o una figlia compiono 18 anni legalmente possono decidere tutto ciò che compete la loro vita, indipendentemente dall’approvazione dei genitori.
Anche in questo caso il tribunale non può imporre a un figlio maggiorenne di vedere un genitore.
Il figlio a questa età deciderà in autonomia con quale genitore stare.
Una volta maggiorenni, i figli possono anche vivere da soli e continuano ad aver diritto al mantenimento fino a quando saranno economicamente autosufficienti.
Dalle prove di forza alle prove di ascolto
La separazione dei genitori è un processo complesso che può avere un impatto significativo sulla vita dei minori.
È fondamentale che i genitori agiscano sempre nell’interesse superiore dei figli, garantendo loro affetto, sostegno e stabilità emotiva durante questo periodo di transizione.
Nella maggior parte dei casi, ci sarebbe ampio margine per trovare compromessi soddisfacenti per entrambi ma i conflitti personali inquinano o rendono impossibile la comunicazione.
Il coinvolgimento di figure esterne quali giudice, psicologo e assistenti sociali può fornire alle famiglie il supporto necessario per affrontare le sfide della separazione, ma può anche essere una fonte di ulteriore stress per i minori.
La cosa più sensata è tentare di instaurare un rapporto senza rancori, nel rispetto reciproco. In questo modo i genitori possono contribuire attivamente al benessere dei loro figli e costruire nuovi equilibri funzionali, nonostante la rottura del nucleo familiare.